Softcore gamers
No, non si parla di film di videogiocatori che vanno in onda dopo le 23 su Italia7. Softcore come alternativa all’hardcore, come approccio morbido al videogioco.
Io oggi posso dedicare non più di 20 ore al mese alla mia passione. Per un appassionato di cinema sono 10 film. Per un appassionato di musica sono 20 ascolti. Valori ragguardevoli, che permettono di essere coscienti di dove va il medium.
Per me sono si e no mezzo gioco sbocconcellato, con pezzi rifatti perchè sono morto un secondo prima di raggiungere il savepoint, con pezzi tutti uguali che rendono il proseguimento interessante come l’accoppiamento delle capre, con i personaggi della trama che si confondono come ombre.
Qualche esempio:
Vice city fu per me una dissoluzione, ci giocai un’estate e 20 ore le facevo in una settimana. Splendido, ogni giorno qualcosa di nuovo, lo lanciavo anche per il gusto del solo cazzeggio, un’impennata da record, una missioncina, una ricerca di un pacchetto segreto. San Andreas: più grande, più bello, più profondo? No, troppo grande, troppo bello, troppo profondo. Non voglio avere 3 ricerche di oggettini, non voglio avere duemila missioni, non voglio dire “uff, che palle, devo tornare dall’altro lato dello stato, ci vuole UN’ORA di viaggio”. Gioco per giocare, e il mio gioco oggi è fast-food. Brevi spazi di 30 minuti, anche meno. Kingdom hearts è uguale, bello bellissimo all’inizio. Alla 40esima ora (c’è un cronometro interno al gioco) di picchia il tasto X/elimina i nemici/guarda lo spezzone video/picchia il tasto X/Muori/Riparti da mezz’ora fa perchè non hai potuto salvare onestamente la pazienza è andata a signore di facili costumi. E il titolo finisce in fondo alla pila.
Altro esempio: JRPG/Morrowind. Sogni. Final Fantasy VI è a oggi il miglior gioco di ruolo giapponese di sempre. Secret of mana è li li. Morrowind è il miglior gioco di ruolo punto. Un mondo, ai miei piedi. Anche li la piccola e continua sensazione di crescita. Tempo necessario: eoni. Morrowind ci ho messo 6-7 mesi a finirlo, con forse metà delle sottoquest. Final Fantasy VI l’ho cominciato nel 2001 e finito nel 2003, preso abbandonato e ripreso più volte, ma sempre con sessioni lunghe, necessarie per non perdere il filo della storia. Allora potevo, ora no.
Mario kart DS: online è divertentissimo. Ma quando si gioca da soli, vedere che l’unica differenza tra i diversi campionati è solo “quanto gli avversari vanno più forte di te” è triste. Non cambia nulla, niente nuove piste, niente tattiche diverse, niente “carattere diverso”. A difficoltà facile vai a 50 km/h, a difficoltà normale vai a 100 e a difficile si va a 150 km/h. Tu come gli altri, ma lorp un po di più.
Oggi questi giochi sono per me impraticabili. Il problema è che l’80% dell’industria va in quella direzione, con giochi dove ci si sbandiera “1000 elementi sbloccabili”, “3000 personaggi con cui interagire”, “200 livelli tutti diversi”. Si, come grafica, in realtà 200 iterazioni dello stesso preciso identico concetto.
Poi l’illuminazione. Fregatene di quell’80, esiste un 20% che quasi quasi spinge a una riscrittura della legge di Pareto.
Wario Ware touched: puoi giocarci un minuto, 10, un’ora. Non serve imparare, non serve capire, è istinto. Si gioca con i riflessi. Fare cose con quel pennino è divertente la prima, la seconda e la decima volta. E dopo un po’ si può avere davvero la soddisfazione di dire “l’ho finito”.
Rez: gioco che andrebbe provato una volta nella vita. Secondo me il vero passaggio del videogioco da forma di intrattenimento ad arte. Cinque livelli, sbloccabili in sequenza. Durano al massimo 20 minuti. Il tempo perfetto, per l’uomo moderno. Ma 20 minuti densi come mercurio. Ogni livello è stimolazione per gli occhi, per le orecchie, per il tatto. E poi, alla fine, quel malefico indicatore che ti spinge a migliorarti: 96.7% nemici abbattuti. Ma in quel momento tu sa che la perfezione è a 20 minuti e non a 20 ore. Non devi riiniziare tutto da capo. Basta un passo. E i grandi viaggi cominciano sempre da un piccolo passo.
Li nominerò, i prossimi piccoli passi.