“La Banda Bellini”
“La Banda Bellini” di Marco Philophat, Einaudi Stilelibero, 2006
Un racconto orale in forma scritta, ogni 5 o 6 parole un trattino, a separare un pensiero dall’altro, a indirizzare alla pausa.
Un racconto orale di 10 anni bollenti, dal ’67 al ’77, anni in cui si pensava, diceva e faceva roba che in confronto i No Global è roba da educande, in cui dire “andiamo a pestare i fascisti/i comunisti” era spesso una risposta comune a “che facciamo stasera?”
Un racconto orale di una società che non c’è più, dove c’era partecipazione, interesse, attenzione per cose più profonde dell’apparire e del finire in TV, e di una società che stava capendo forse che per controllare questo paese la chiave è solo apparire e finire in TV, perché a far qualcosa si rischia di far fatica per niente e magari di sbagliare, pure.
Un racconto orale di una formazione, di una crescita, di come nella vita di una persona si intersechino storie con la s minuscola e altre con la S maiuscola, senza sapere poi quali sono quelle che daranno più soddisfazione.
Un racconto orale incredibile, da ganassa al bar, da spaccone, da vincente, eppure così partecipato, così ansioso di tramandare perchè la memoria, o una certa versione dei fatti, non vada persa, quasi come i racconti dei partigiani e dei repubblichini.
E’ difficile capire cosa sia successo in italia negli anni ’60 e ’70, senza ragionare per luoghi comuni: il ’68, la contestazione, gli anni di piombo, i fascisti contro i comunisti, le brigate rosse.
La storia raccolta da Philophat aiuta, mette dubbi, invita ad approfondire, offre alternative. Fa pensare.
E questa è una cosa molto positiva.