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“casa Agnelli” e “i Postromantici”

Casa Agnelli, Marco Ferrante, Mondadori, 2007, 242 pag.

I postromantici, Carlo Mazzoni, Salani Editore, 2007, 265 pag.

“I postromantici” l’ho preso prima delle ferie, incuriosito da una recensione su GQ (che ogni tanto mi infliggo la pena di leggere, per capire come NON vestirmi, che film NON vedere, che dischi NON ascoltare, di cosa NON parlare). Da come era descritto, sembrava perlomento leggibile.

Invece no. E’ piatto, scritto male, noioso, ampolloso in certi punti: ad esempio ogni volta che uno dei personaggi femminili si accende una sigaretta c’è un lezioso passaggio di quattro righe che descrive la fiamma, lei che la porta alla bocca, il fumo che esce… Può anche essere una citazione che io non ho colto, magari è Proust, ma ciò non toglie che fatto per una che per tutto il romanzo fa poco altro di più memorabile di accendersi sigarette ha poco senso.

L’intreccio alla base sarebbe buono: qualche giorno, pochi, nella vita di quattro giovani stronzi milanesi doc. 25-27enni, molto ricchi, figli di papà, stronzi, fancazzisti, raccomandati, con la casa in Versilia e merda simile. Quattro di “quelli che quando verrà la rivoluzione saranno i primi a essere messi al muro” (cit.). In questo quartetto stanno due donne principali, che se li girano come un cubo di Rubik, e una megaazienda, compartecipata/munta/succhiata a vario titolo da ognuno dei quattro e dalle loro famiglie.

In questo affresco squallido, in cui quella che ne esce meglio è un’arrivista che pensa che farsi uno di questi quattro eletti le dischiuda le porte del jet set, si svolge un matrimonio sull’isola Bella, e successivi eventi che sono minimi, ma a cui i quattro danno significato di stravolgimenti assoluti ed eterni.

Libro inutile, con Mazzoni che non si capisce se condanni o adori questo mondo che descrive, dove un ottima idea narrativa, alla Bret Easton Ellis, si perde in una realizzazione scadente, lenta dove deve essere veloce e viceversa. Mazzoni d’altronde è un giornalista che scrive per Corriere della Sera Magazine, mica il New Yorker. Ma non sono state 14 euro buttate…

Casa Agnelli mi ha incuriosito una domenica pomeriggio milanese, dopo le ferie. Sono sempre stato incuriosito dal mito Agnelli, dall’Avvocato e dalla sconfinata Famiglia a lui collegata.

Casa Agnelli è una buona guida per capire quanto la Famiglia sia davvero la vera Famiglia Reale Italiana, vista l’estensione, i legami intrecciati e il senso di superiorità che l’ha sempre attraversata e che Ferrante descritta.

Oltre alla parte Araldica, viene tra un ramo e l’altro della famiglia affrontato il tema centrale: l’Avvocato, i suoi meriti e i suoi demeriti.

Non è un libro tenero verso l’avvocato, così come non lo sono state molte analisi successive alla sua morte; ma il ritratto che ne esce, critico verso la sua parte imprenditoriale, è interessantissimo nella sua parte di uomo pubblico: vengono ben spiegati i meccanismi che hanno portato quest’uomo ad essere icona e modello.

Oltre a questo, il libro induce anche una riflessione su cosa sia stata e sia ora l’impatto del mondo Fiat sull’Italia: la tentacolarità della compagnia, il suo peso sul PIL, sulla società.

Una buona lettura, forse in alcuni punti della parte araldica ci si rischia di perdere un po’ perchè in una pagina ci sono anche 20 nomi di famiglie diverse, ma penso che la lettura di qualche pagina di Dagospia per farsi un orecchio sui nomi coinvolti possa ammorbidire le difficoltà del seguire i vari personaggi tra primi secondi e terzi mariti/mogli, amanti, conviventi e varie.

Ma perchè recensirli insieme?

Perchè è evidente, che seppur con qualche “romanzatura”, nel testo di Mazzoni grattando il nome “Lemar” si possa leggere il nome “Fiat” o se preferite “Accomandita G. Agnelli & C.” o “Ifil”, come dietro i personaggi maschili e femminili di Mazzoni ci si possa divertire a collocare, con buona sovrapponiblità, molti nomi del libro di Ferrante. Ma quali saranno quelli giusti?

PS: due rapidi commenti su questilibri andranno anche su anobiii.com