Primo maggio, su coraggio
Poi c’è il 1° Maggio due, quello di “Non c’è 1° Maggio senza bella ciao!” Il 1° Maggio due è un evento in cui dei gruppi vestiti come negli anni Settanta cantano canzoni sulla costituzione, sulle stragi di stato, sulla strategia della tensione, su Aldo Moro, sulle BR, su Genova e Bolzaneto, su Berlusconi, su Fini, sul proibizionismo, sul precariato, sui sindacati, sugli scioperi, sulle mondine, sulle presse, sulle catene di montaggio. Sono canzoni folk brutte, con riferimenti musicali al Sud America o all’Irlanda o alla Jamaica (spesso un mélange delle tre). Sono canzoni che non hanno a che fare quasi mai con le vite di quelli che le cantano dalla piazza, ma servono a identificarsi con un mondo. E quel mondo è un mondo triste, stanco, vecchio, a volte anche nel giusto ma sempre incapace di cambiare le cose, le idee, gli stili. È un mondo che in sé non ha più niente di rivoluzionario o anche solo progressista, che guarda ai vecchi come unico punto fermo, che pensa al futuro come difesa del presente, che risponde buu ai mostri incapaci che spesso ci governano. E buu, come si sa, non basta.
da Freddy Nietzsche, blog di Matteo Bordone
Si può non quotare? Si può? No che non si può.
Anche sul resto, ma questo pezzo qui sopra più di tutti. Perchè il mondo a cui guardano quelle canzoni brutte, cantate da gruppi brutti, in un palco messo lì perchè si deve, è il mondo di cui molto spesso ormai il solo sindacato si prefigura l’esistenza, quello che usa come modello quando deve fare le valutazioni per sostenere le proprie scelte. Forse quello che desidera.
Certamente distante, molto distante da un mondo non solo reale, ma quantomeno verosimile.