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Stoccolma

Ho inserito nel caldo agosto lombardo una piacevole parentesi rinfrescante: la capitale della Svezia, Stoccolma. Ci sono stato, in dolce compagnia, dal 10 al 13 agosto.

Al viaggio ci ha pensato come al solito Easyjet, che grazie alla prenotazione abbastanza anticipata ha chiesto 120€ a persona per andata e ritorno. C’è purtroppo un solo volo al giorno, piazzato strategicamente alle 12.30. Non la migliore delle soluzioni, ma vabbè. Dall’aeroporto a Stoccolma ci sono 2 opzioni: Bus (11 euro a tratta a persona, 40 minuti) o Treno (cercate l’offerta 25 euro x 2 passeggeri che c’è in alcuni periodi, altrimenti sono 20 euro a tratta a persona, 20 minuti). Entrambe le soluzioni sono comode e ampiamente panoramiche, perchè già dall’aereo vi sarete sicuramente accorti di una cosa: intorno a Stoccolma non c’è nulla. Abituato nel tragitto tra Malpensa e Milano a vedere in mezzo Busto, Saronno e tutto l’Hinterland, rimarrete colpiti dal fatto che tra Arlanda e la città ci sono solo prati verdi e boschi.

L’albergo era il Freys Hotel, prenotato tramite booking.com a 80€/notte la doppia con colazione inclusa. L’albergo è in Norrmalm, quindi in centrissimo e vicino alla stazione centrale. Stile moderno ma con giudizio, molto ben tenuto, forse solo le camere sono un po’ piccole. Ma vale il solito discorso: ditemi dove si dorme a 40€ a persona a notte in Italia e ne riparliamo. La colazione è in stile svedese, buona e nutriente con aringa, salumi, uova e caffè ma forse un po’ carente per chi ha bisogno di dolci per carburare al mattino.

Dalla nostra posizione Stoccolma si gira comodamente a piedi: massimo 30 minuti e si raggiungono tutti i luoghi turistici della città. C’è comunque una capillare rete di trasporti, ma se la città vi piace girarla a piedi, non conviene assolutamente fare Free pass da 72 ore o biglietti multipli, basta comprare qualche biglietto alle macchinette quando servono.

Il clima: ecco, proveniente dal caldo agostano, devo dire che la differenza di clima tra la Pianura Padana e il Nord Europa l’ho proprio sentita tutta. Preparatevi: pioverà sicuramente, farà freschino, sarà umido. Dati questi tre capisaldi, regolatevi di conseguenza: ombrello o k-way sempre pronti, abbigliamento a cipolla di giorno per compensare le oscillazioni di temperatura, giacca o spolverino praticamente obbligatori la sera. Non basatevi sui locali: loro mi sa che vanno in giro in maglietta e infradito anche a febbraio. Sarà l’abitudine.

Stoccolma, dicevamo, è molto bella da girare: la città è moderna, pensata per tutti (strade ampie, marciapiedi larghi, piste ciclabili ovunque), pulita e ricca di verde. Spendete del tempo anche solo per girare, comprare un dolce in una della mille pasticcerie o un hot dog dagli onnipresenti carretti e sedervi su una panchina a guardare: a seconda che lo farete in Norrmalm (centro “commerciale” della città), in Gamla Stan (cuore antico, un’isola che contiene il palazzo reale e la città vecchia) o in Djungarden (isola verde che ospita gran parte dei musei) vedrete tre città diverse.

Le cose da vedere assolutamente sono 3: il Vasamuseet, Skansen e il palazzo reale.

Il Vasamuseet è un museo costruito intorno a una nave. Ma non una nave da 70 metri qualunque: questa nave è andata a fondo per un errore di progettazione 30 minuti dopo il varo, nel 17esimo secolo. E per 300 anni è rimasta sul fondo del mare, in mezzo a tutte le isolette che formano Stoccolma. Negli anni ’60 fu rinvenuta, estratta tutta intera con un’operazione senza precedenti e portata in banchina, dove intorno le venne costruito un museo. E’ qualcosa di spettacolare: oltre alla nave, praticamente intatta con rostri, cannoni, sculture e tutto il resto, è esposto anche tutto il contenuto della nave, ovvero l’equipaggio (si, anche i loro scheletri :O ), i loro oggetti personali e tutto il materiale di bordo. In più video e audio esplicativi come se piovessero. Un vero spaccato, interessantissimo, di come si viveva a bordo di una nave nel 17esimo secolo.

Skansen invece è qualcosa di completamente diverso. Dove il Vasamuseet mira alla preservazione dell’autentico, Skansen punta a mantenere la memoria ricostruendo. Situato su una collina, questo particolare museo all’aria aperta riocstruisce la vita in Svezia in vari luoghi ed epoche: dalle fattorie del ‘700, alle prime case di città, ai campi lapponi su del nord, alla parte zoo che ospita gli animali tipici della Svezia. Tutto animato da una serie di figuranti che ogni mattina si vestono da panettieri, agricoltori e falegnami e fanno pane, coltivano e fanno mobili. E tu gli giri intorno e li guardi, e li fotografi. C’è da dire una cosa: a me personalmente più che un viaggio nel passato remoto è sembrato un ritorno all’infanzia; cresciuto in campagna, vedere un mulo mi ricorda quando da piccolo ci salivo in groppa e non che c’era un epoca in cui non c’erano i trattori. Allo stesso modo vedere fare il pane, dopo averne fatti a chili per la mia tesi, o lacuni mobili in legno (molto simili a quelli che stanno in cantina da mia nonna) mi da un leggero deja vù. Ma è comunque da visitare.

Il palazzo reale, sebbene non regga confronto con Madrid o Charlottenburg, è piacevole e dà l’occasione anche per vedere il cambio della guardia. Mi ha colpito molto il fatto che, a differenza di altri palazzi europei dove quai tutto è opera degli artigiani di quelle nazioni, il palazzo svedese è “multietnico” già fin dalla costruzione e ospita oggetti d’arte provenienti da tutto il mondo. E poi è inserito nel mezzo di Gamla Stan, che con le sue viuzze strette stacca completamente dal resto.

Poi ci si trova anche a dover mettere qualcosa nello stomaco. E qui il multietnico si vede tantissimo: la tradizione culinaria svedese è, come dire, ridotta? minima? al limite dell’inesistente? La questione “proviamo piatti tipici” si risolve in una-cena-una, con gravlax (salmone marinato), polpettine e selvaggina. E la sera dopo o si bissa con gli stessi piatti, o si cambia, e qui c’è solo l’imbarazzo della scelta: etnico, moderno, vegetariano, catene. Si vede che anche gli svedesi stessi sono stufi del loro cibo nazionale.

Io ho cenato davvero bene al Glenfiddich Warehouse N°68, che come potete intuire dal nome è un ristorante/bar che vanta una grande passione per il whisky (penso ci siano più di un centinaio di etichette diverse, comprese bottiglie e “casket” di più di 50 anni, tutti disponibili al bicchiere) e una cucina molto molto valida. Mi sono anche tolto la soddisfazione di cenare finalmente da T.G.I.Friday’s, grillhouse americana di cui è molto nota l’ospitalità offerta agli italiani presso il loro ristorante di Londra. Nessun problema con gli orari, il servizio comincia alle 18 per i locali ma si può iniziare a cenare tranquillamente alle 21.

Il mezzogiorno invece c’è un ampia scelta di street food internazionale: hot dog ovunque, molti kebab e anche qualche cosa tipica svedese, come una specie di crescione riempito con purè (speziato) e wurstel e i panini con l’aringa.

Complice anche lo svolgimento del festival della cultura proprio in quei giorni, la sera c’erano fin troppe cose da vedere o da fare: concerti in piazza, letture (in inglese), mostre. Ma a quanto ho capito d’estate gli svedesi cercano di godersela, compensando il lungo e freddo inverno che li tappa un po’ in casa.

La consiglierei? Si, con la nota di non aspettarsi una città museo o una capitale dalla vita esuberante. E’ una città dal ritmo tranquillo, che invita al relax.