The cat is on the table
Prodromica all’articolo è la visione su Youtube dell’intervento di Beppe Bigazzi a “La prova del cuoco” costatogli la (temporanea, si auspica) sospensione.
Vi si afferma un fatto storico incontrovertibile: il gatto è stato un alimento.
E come tutte le cose che l’uomo ha scelto di mangiare (cfr. Buono da mangiare, M. Harris), ci sono delle ragioni precise, legate alla situazione sociale e alla cultura del tempo in cui se ne sta nutrendo.
Ora, cambiate le condizioni culturali, mangiare un gatto in Italia è diventato un tabù. Come lo è da anni, per esempio, chiedere carne di cavallo negli Stati Uniti. E uso la parolà “tabù”, come se stessimo parlando di religione, proprio per sottolineare il legame strettissimo e la comunanza di atteggiamenti che che vi è tra il rapporto dell’uomo con Dio e il rapporto dell’uomo con il cibo. Mangiare gatto 60 anni fa era giustificato, perché era maggiore il beneficio di riempirsi la pancia rispetto a quello dell’affetto di un animale. Oggi la situazione è diametralmente opposta: siamo in una situazione di abbondanza tale da poterci permettere di riempire la pancia nostra e del gatto, ricevendone in cambio fusa e pelo sul divano :).
Negare che l’uomo abbia mangiato (o, in barba alla legge, mangi) gatto è negare un passo nell’evoluzione dell’uomo. E’ fare del creazionismo, è nascondere ciò che si è stati. Le reazioni indignate degli animalisti (purtroppo compresa la Sottosegretaria Francesca Martini) non sono, ancora una volta, altro che la dimostrazione della loro scarsa lungimiranza e incapacità di comunicare, inutilmente immobili su una posizione di “no” assoluti.