Restaurant Man
Restaurant man di Joe Bastianich non è un brutto libro. Ha un sacco di spunti interessanti, concentrati purtroppo nelle prime pagine. Ciò che non lo rende bello è che questi stessi spunti sono ripetuti molte molte molte volte, al punto di sorpassare il tedioso e diventare quasi caricaturistici, dei tormentoni.
Il libro è la autobiografia dell’imprenditore nella ristorazione, diventato poi giudice di MasterChef. L’ordine è strettamente cronologico: si parte dalle sue origini e da quelle della sua famiglia, poi un paio di capitoli sui suoi studi e sui primi lavori, comprendendo anche l’esperienza da trader a Wall Street. Poi il viaggio che cambia la vita (in Italia, ça va sans dire). Poi si inizia parlare di ristoranti con la storia del primo ristorante, poi si inizia a parlare del secondo ristorante con la storia del secondo, poi il terzo e via così
Si capisce subito che il giochino poi stufa; peccato perché Bastianich (o forse il suo editor) sicuramente è uno che sa scrivere abbastanza bene e la scorrevolezza dle libro non è mai in discussione.
Nel capitolo sul vino, si parla anche qui di Robert Parker, e questo fa da trait d’union con I Barbari, di cui ho scritto qualche giorno fa.
Il vero valore aggiunto del libro sta forse in alcuni piccoli passaggi, è infatti disseminato di una serie di spunti sul tema della ristorazione, anche triviali, ma che non sono affatto male sia dal punto di vista narrativo sia dal punto di vista della conoscenza. E che possono venire utili se uno i ristoranti li frequenta o addirittura sogna di aprirne uno.
Uno su tutti di questi aneddoti, la regola del 30.