Fantozzi, rag. Ugo: La tragica e definitiva trilogia
Secondo me, vi farà lo stesso effetto che ha fatto a me e la lettura di Fantozzi, rag. Ugo : La tragica e definitiva trilogia vi lascerà in testa una sola, grande, domanda: “Ma quanto è cinico Villaggio?”. Perchè la cosa che colpisce di più in questa trilogia di libri è che, caduto il filtro del cinema, del visualizzabile, della macchietta, il primo a trattare male Fantozzi è proprio il suo autore. Che qui può appunto essere sincero al 100% e sottoporre Fantozzi a sofferenze incredibili, torture violente, che mal si sarebbero prestate alla rappresentazione cinematografica, e stiamo parlando comunque di una serie di film dove in una scena Fantozzi viene crocefisso in sala mensa.
I primi due libri sono di poco anteriori e quasi coevi rispetto ai film (con soprattutto i primi 2 che pescano a piene mani dagli episodi descritti) e seguono anche quello stile, con molta satira, una forma comica molto descrittiva, ma già in quelli e soprattutto nel terzo (di fine anni ’80, all’apice del successo del Ragioniere) quello che emerge è una violenza, una volgarità e una negatività che nei film non è mai emersa; se il Fantozzi del cinema mette nello spettatore una sorta di allegra schadenfreude, il Fantozzi del libro è più simile a un eroe tragico, a una vittima dell’hubris, a un eroe negativo che dovrà avere qualche colpa per tutto il male che gli succede e che quindi non suscita nessuna empatia. Il primo è una macchietta, il secondo un eroe tragico.
Forse è dovuto anche al fatto che Villaggio non ha mai amato il successo di Fantozzi, che ha un po’ nascosto le sue altre doti e, per fame di successo, l’ha un po’ obbligato a fare quello che il pubblico gli chiedeva.
I raccontini che compongono i testi si leggono come acqua fresca, è una pausa divertente e non impegnativa, ma ogni tanto qualche passaggio vi lascerà un po’ lì così, con quella sensazione strana e mezza bocca un “Povero Fantozzi!”. Non sarà facile, da questa vista, dargli della merdaccia a cuor leggero.