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Libera il futuro

Questo Libera il futuro è un altro libro di mafe, ma molto diverso dal precedente #luminol. Ma di uguale valore.

Non pensare mai “se abbiamo sempre fatto così ci sarà un motivo”. Abbiamo sempre fatto così finché non abbiamo capito come fare meglio.

È un testo molto introspettivo, che aiuta a lavorare sul sé; è articolato in lezioni, intervallate da esercizi, ma non è necessario effettuarli per apprezzarlo in pieno.

Punto nodale è il cambiamento, la sua gestione, le sue conseguenze. Non è facile, sia per questioni personali o professionali, costruire un rapporto con il cambiamento. Eppure è una cosa che succede, che va affrontata, che non può essere evitata per sempre.

Da lì si parte per un viaggio per imparare a riconoscerlo, imparare a classificarlo e ad analizzarlo e, poi, a gestirlo (dove si può), creando degli strumenti, non delle ricette, per essere pronti a gestire incognite. La famosa frase degli Alcoolisti Anonimi c’è, ma è uno spunto, una pietra di passaggio verso altro, verso un ragionamento più profondo.

Non c’è un passato perfetto a cui fare riferimento, non c’è un manuale di istruzioni che dia certezze di risultato, non c’è mai stata un’esperienza umana e una società libera da errori e ombre. Per andare avanti dobbiamo guardare avanti, ricchi di tutto quello che abbiamo imparato in passato, che però è passato.

L’altro elemento centrale è per me il rapporto tra passato e futuro: il futuro si costruisce, c’è moltissimo contenuto sul concetto di “potenziale”, su quanto è possibile costruire di grande affrontando le cose nella maniera giusta. Che non è sempre (vedi quote sopra) “quello che abbiamo sempre fatto”.

C’è un altra grande frase, sul nostro voler ricostruire il nostro “mondo da piccoli”, che ad esempio è stata molto potente nel mettermi in guardia da certi miei atteggiamenti nella vita da genitore:

Il problema di non mettere mai in discussione il mondo che abbiamo vissuto da piccoli è che si rischia di vivere il presente guidati da un insieme di conoscenze obsolete e a volte pericolose, per noi stessi, per il lavoro che facciamo, per la società che emerge dall’interazione di tutti quelli convinti che il mondo giusto fosse quello in cui si è cresciuti e non questo di oggi o quello da costruire insieme domani.

Anche qui, sapersi costruire il dubbio, chiedersi “Se” spesso, ipotizzare scenari e opzioni. C’è un filo profondo ad esempio con il lavoro di Jamais Cascio, che vidi una volta a un Forum Barilla (in cui se non ricordo male c’era anche appunto mafe) sulla futurologia come costruzione di scenari possibili e analisi delle conseguenze. Questa catena dei “se / e poi” la trovo uno strumento potentissimo, quasi il simmetrico dei “cinque perché” dell’analisi delle cause.

È evidente come questo rapporto tra cambiamento e futuro sia una sorta di yin/yang e che entrambi gli aspetti portino, se ben gestiti, a una scala virtuosa, in cui il porsi domande (e darsi buone risposte) porta continuamente a cambiare, a rivedere le proprie pratiche, ad apprendere cose nuove e, alla fine, trovare nuove domande.

Il digitale, che era così presente in #luminol e in generale nel lavoro di mafe, paradossalmente qui è meno centrale: si parla di qualche strumento, si parla di alcuni suoi aspetti caratteristici (l’asincronicità, la multipersonalizzazione) ma è più visto come una condizione “moltiplicativa” che come un requisito. Il digitale ci fa vivere molte più vite, e può mettere il turbo al nostro percorso, ma non è un requisito.

Molto profondo, con la formula a lezioni che si adatta ottimamente anche a brevissimi momenti durante la giornata.