Non leggete i libri, fateveli raccontare
Si curi molto l’uso delle pause, che saranno frequenti, quasi una ogni parola; ciò serve a lasciare che gli altri intervengano a suggerire la parola giusta, un regalo.
Questo “Non leggete i libri, fateveli raccontare” è un capolavoro.
Non conoscevo Bianciardi, o meglio, lo conoscevo solo di nome e citazioni, principalmente da Massimo Coppola su Mtv (di cui tornerà di attualità probabilmente lo spezzone in cui intervista una giovanissima Meloni).
Non avevo (colpevolmente) mai letto niente di suo.
E ho sbagliato.
È indispensabile però sposare in piena regola, possibilmente in chiesa: lo Stato italiano esiste da poco più di cento anni, e in un secolo ha rischiato almeno tre volte di sfasciarsi; i successori di Pietro reggono e governano da quasi duemila anni, né accennano a mollare. Per tutti gli affari importanti, è noto che ci si rivolge alle ditte serie.
Il libro, con qualche piccola modifica lessicale (intellettuale ==> influencer), potrebbe essere stato scritto ieri ed essere in cima alle classifiche di vendita e di popolarità sui social.
Si tratta di un testo di consigli e raccomandazioni a chi vuole fare l’intellettuale, come mestiere ma ancora meglio come carriera (concetto che ritorna più volte nel testo).
È spiazzante per la freddezza e la schiettezza. È un testo satirico, certo, ma ci si muove sempre sul confine tra reale e paradossale, indice forse che la satira è al suo livello più alto.
Chi ha un minimo di esperienza mondana sa che il settanta per cento delle energie, in qualsiasi azienda, va speso non già per produrre, ma per impedire agli altri di fare qualcosa.
Le citazioni da estrarre sono decine, ma gli si farebbe torto: è l’intero discorso a dover essere letto (sono una settantina di pagine, si legge in una sera).
Un gradevolissimo capolavoro.
E ora sotto con almeno un altro testo bianciardiano, “La vita agra”.