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Homo pharmacus

Questo “Homo pharmacus” è un saggio a capitoli (una decina), sulla storia e il rapporto tra uomo e farmaco.
Ne scrisse .mau. a Novembre, mi incuriosì e lo comprai; l’ho poi letto in queste feste.

Non esiste il bene senza il male. Ogni scoperta scientifica è un’arma a doppio taglio, con vantaggi inevitabilmente connessi a rischi fisici e psicologici. Spesso noi uomini cogliamo al volo i vantaggi e rimandiamo il momento di occuparci dei potenziali pericoli.

Si parte in maniera quasi didascalica, parlando di oppio e delle sue applicazioni, quasi con un taglio da storia della medicina (che, appunto, viene descritta come una sorta di “cerchiamo applicazioni dell’oppio perché non abbiamo molto altro”).
Poi gradualmente si allarga, si inserisce un po’ di cultura e costumi perché i farmaci descritti successivamente hanno impatto sulla società.
Nei capitoli della seconda metà ci si concentra sempre più infatti su principi attivi che hanno anche un ruolo sociale, sia per l’effetto che hanno (pillola anticoncezionale e Viagra) sia per le conseguenze dell’abuso (la dipendenza, che se vogliamo è un po il fil rouge di tutto il testo, visto che parlando di oppiacei e oppioidi viene toccata tre volte in tre punti diversi).

Come scrisse più tardi lo scienziato Francis Galton: «In campo scientifico, l’onore va a colui che riesce a convincere il mondo, non a chi ne elabora l’idea per la prima volta».

Concordo anche io che è molto ben scritta la parte sulle statine, con l’aneddoto personale iniziale che cambia di ritmo e prospettiva l’intero capitolo.

«Credevamo che il grande problema di questi farmaci fosse la dipendenza. Ora ci rendiamo conto che il problema è un altro: i pazienti rinunciano alla vita reale».

Mi trovo in line anche con le conclusioni dell’autore: le sfide che ha davanti il mondo della medicina non si vincono nè con il solo stato nè con il solo mercato. Serve collaborare, perché i costi e i rischi non permettono a nessuno di mettersi più a scoprire farmaci sicuri.

Il secondo effetto collaterale è meno noto e meno considerato: l’uso delle statine per evitare scelte personali più responsabili.

Piaciuto molto, azzeccato nello stile e molto chiaro nell’esposizione.

P.S. : nella traduzione è scappato il piemontesismo qui sotto:

i medici non si affidano solo più a questo parametro

Difatti la traduttrice è di Torino :) Unico inciampo in una traduzione per il resto piacevole e precisa (e non era facile, visto il numero di termini tecnici).