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L'abbuffone

Ho una fascinazione per Ugo Tognazzi, nata tanti anni fa con “Amici Miei” e le leggendarie prime pagine del Male, cresciuta nell’ultimo periodo rivedendone le opere (soprattutto del periodo Ferreri, tipo “L’Ape Regina”) e leggendo sul personaggio.
Tognazzi non è solo il conte Mascetti, ma molto di più, sia attorialmente sia intellettualmente.

Quando, fra vent’anni, ripenserò alla mia carriera d’attore, potrò forse avere un rimpianto: quello di non averla abbandonata a metà per diventare il più grande cuoco d’America e, forse, del mondo.

È nota la sua passione per la cucina, anche se passione non è il termine giusto; forse lo è di più ossessione, a giudicare da quello che dice lui e soprattutto da quello che ne dicevano gli altri. E la passione la esercitava in un periodo in cui il cibo, a differenza di oggi, era una cosa estremamente non di moda. Prima della nouvelle cuisine, prima del gastroporn, prima degli starchef.

Uccellini dal becco gentile con polenta

Questo “L’Abbuffone” (gentilmente messo a disposizione dalla mia biblioteca, lodata sempre sia, in edizione originale del 1974) è una giusta via di mezzo tra un’autobiografia e un libro di ricette. E che ricette, signori.
Tognazzi fa il soffritto con olio e burro, i fondi per le minestre con la pancetta tritata, non usa frutta esotica, poche spezie.
Tutta tradizione, ma quella tradizione che oggi nessuno riconoscerebbe (sì, sto leggendo The invention of tradition di Hobsbawm). È antistorico, ma convinto, perciò autentico.
E l’autenticità delle ricette rende credibile anche la parte autobiografica; cosa non è facile, visto che il Tognazzi aveva sicuramente una alta, altissima visione di sè. Ma anche questo è modernità.
Nei suoi piatti si legge il gusto, così come nella sua vita (geniale il passaggio in cui descrive le donne che ha avuto).

…mi stupisco davvero come non siano state ancora battezzate “fragole all’Ugo”.

Le note di produzione di La grande bouffe sono il giusto coronamento.
Pagherei per vedere il dietro le quinte della scena delle ostriche tra lui e Mastroianni.

Un libro eccessivo, ingordo. E quindi assolutamente da leggere (e da mettere in pratica).