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Inspira, Espira, Uccidi

Recuperato su consiglio di Mafe via Koselig, questo “Inspira, Espira, Uccidi è un particolarissimo thriller / noir.

A casa non ero altro che un fuoriprogramma dotato di pene. Se c’ero, sbagliavo tutto quel che facevo. Se rimanevo fuori fino a tardi, sbagliavo comunque. Non mi restava che immergermi ancora di più nel mio odiato lavoro. Almeno lì ero qualcuno.

Sull’impianto classico di persona integerrima si ritrova coinvolto in storia di mala più grande di lui viene steso un gradevolissimo strato di e prova a uscirne con la mindfulness, tecnica di meditazione divenuta lifestyle già nel mondo reale e poi estesa dall’autore a soluzione di tutto.

Esiste un trucco infallibile per portare dei collaboratori insicuri dalla vostra parte: ringraziarli senza motivo.

E qui davvero sembra la soluzione di tutto. Perché la logica metodica, passo passo con cui il protagonista affronta i problemi è sempre supportata da una frase ad effetto, da un tratto che spinge alla riflessione, da un esercizio fatto durante una seduta che si può applicare.

È meraviglioso quando i bambini ci ricordano che la bellezza che ci circonda non è scontata e che dovrebbe essere motivo di gioia. Le preoccupazioni, invece, sono passeggere. Problemi al lavoro? Domani ce ne saranno altri. Il lago resta. Il lago sarà lì anche quando il lavoro sarà finito. Quindi perché una persona dovrebbe svegliarsi la mattina e preoccuparsi del suo lavoro di merda, quando può ammirare il lago? Inspirai a fondo e mi godetti il panorama.

E l’autore è bravissimo a giocare sempre sul filo del fuorigioco tra adesione acritica e rifiuto immediato. C’è in tutto il testo una tensione sul tema mindfulness che è molto più forte della trama stessa del libro. Più che scoprire cosa farà il protagonista per salvarsi, a volte si attende la relativa spiegazione via mindfulness, per vedere se dopo aver camminato sul filo, stavolta si sbraca.

Non cercatevi degli impegni. Saranno loro a trovarvi.

E sì, alla fine la mindfulness è un po’ l’unica cosa che si salva, perché il resto del libro invece è causticissimo su tutto, assolutamente non woke e smaliziato nel ritrarre (e mettere alla berlina) varie categorie di stereotipi.

Erano vegani, guidavano auto ibride, e con un solo viaggio in prima classe in Asia vomitavano nell’atmosfera più CO2 di quanta le loro macchine ne risparmiavano in dieci anni.

Quindi la tensione, più che sul passo successivo della discesa agli inferi del protagonista, è su quale sarà il pezzo successivo di filosofia che verrà presentato e su come questo verrà messo alla prova. Ma non pensate sia banale, è scritto benissimo e si farà leggere di filata.

Il primo passo verso una buona soluzione è innanzitutto avere un problema. Molte ottime soluzioni falliscono perché non hanno un problema a cui applicarsi. Il secondo passo è evitare di cercare una sola soluzione. Per ogni problema ne esistono innumerevoli. Sarà quella giusta, alla fine, a trovare voi.

Vorrei vederne un film.