Quando muori resta a me

Letto con molto ritardo rispetto all’uscita, preso in cartaceo in biblioteca (sempre grazie a Fondazione per Leggere). Si legge che il tempo passa per tutti.
È ormai una dozzina di anni che Zerocalcare pubblica strisce e, laddove la continuità visuale è granitica, il modo in cui affronta i temi si è evoluto, e tanto.

Le storie familiari Zerocalcare le aveva già toccate in Dimentica il mio nome che però le affrontava in maniera più leggera e complice; lo faceva più come narratore, anche perché le storie riguardavano la sua famiglia, sì, ma non lui direttamente.
Qui invece siamo su un altro piano: qui Zero è coinvolto in pieno, è il suo il passato che viene esplorato e discusso durante la visita nel paesino di montagna, le persone che fanno parte della storia sono suoi parenti diretti, lì con lui, non qualche nonno del passato.

E anche la sibillina frase di apertura (relativa al fatto che è una storia vera, ma con i nomi cambiati per “proteggere chi è coinvolto”) conferma quanto questa storia sia personale, per quanto raccontata attraverso un personaggio.
Personaggio che è comunque, insieme ai suoi pensieri, il vero centro della storia: se in altri casi, almeno con l’Armadillo, i testi erano basati sul dialogo, sullo scambio, qui invece c’è tanta introspezione, resa anche con alcuni disegni, dove non c’è baloon che tenga ma è il lavoro grafico a comunicare.

Il libro è godibilissimo, si legge in una sera, con piacere. Non entro nei dettagli della trama perchè comunque c’è una storia che per quanto non complessa merita di essere apprezzata.
Attenzione: in media fa meno ridere di altri libri dell’autore, anche di testi serissimi come Kobane calling. La parte comica non viene quasi cercata, al massimo due baloon incidentali o una gag da mezza pagina. Siamo lontani anche da quanto visto nelle serie per Netflix, che comunque la “vena comica” la avevano eccome.

Molto bello ma molto diverso dal solito. Vediamo dove andrà la prossima volta Zerocalcare