La Cucina Italiana: Storia di una cultura
la mente, non la lingua, è l’organo del piacere gastronomico
E cominciamo con una citazione i miei appunti su questo La Cucina Italiana: Storia di una cultura, tomo dei professori Montanari e Capatti.
L’antropologo Marvin Harris ritiene che le scelte alimentari siano sempre determinate da un calcolo (più o meno consapevole) dei vantaggi e degli svantaggi conseguenti: per cui, alla fine, i vari sistemi di alimentazione e di cucina – inclusi quelli che fanno posto all’antropofagia – sarebbero i più pratici ed economici storicamente possibili in determinate condizioni
E dico professori perché qui Montanari e Capatti, a differenza de Il mito delle origini che era molto più svelto, mettono insieme una vera e propria trattazione universitaria della storia della Cucina italiana.
Antonio Latini è il primo cuoco in Europa a insegnare nel 1692 la cottura del pomodoro, nella città di Napoli, con la salsa di pomadoro alla spagnuola
Qui si va per capitoli, ciascuno dedicato a un tema: le materie prime, il servizio, i ruoli della cucina.
Qui si va per approccio scientifico, citando in ogni capitolo decine e decine di testi.
Si tratta quindi di un lavoro completissimo, ragionato, ponderato.
Il gusto non è il riflesso puro e semplice dell’innovazione.
Cosa ne consegue?
Che se da una parte il piacere intellettuale ne è assolutamente stuzzicato, dall’altra la forma diventa (giustamente, vista l’opera) molto ben strutturata ma purtroppo altrettanto impegnativa.
Questo è un libro da studiare, non da leggiucchiare.
Come spesso avviene nella storia della cultura – e perciò della cucina – il diverso viene trasformato, adattato al sistema di valori che si riconosce come proprio:
Se però saprete mettere a disposizione il vostro tempo e il vostro interesse, sarete ripagati con un flusso senza fine di informazioni, che contribuiranno a formare una robusta, unica e interessantissima visione storica della (cosidetta) Cucina Italiana. Quanto Montanari presenta è un corpus di riflessioni che mostrano, ciascuna appunto focalizzandosi su un aspetto, il percorso della Cucina Italiana, le sue radici (a volte inattese o controintuitive), le sue evoluzioni (ricche di scambi con altre culture) e l’arrivo alla sua situazione attuale.
Quelle che Vincenzo Tanara definisce «honore de’ conviti, delitie de’ golosi, ristoro de gli ammalati» non sono, come potremmo aspettarci, le parti bianche dell’animale, il petto o la coscia, bensì le animelle «comunemente dette latticini»
Nel farlo, il percorso è puntellato di decine e decine di esempi e citazioni atte a dare evidenza del percorso logico che si sta compiendo.
Da questo punto di vista, si tratta di un vero e proprio testo universitario di Storia, no aspettatevi niente di meno dal punto di vista dell’osservanza del metodo e del rigore.
apparve il carciofo, derivato dal cardo selvatico con operazioni di innesto sperimentate già in Medio Oriente ma che vari autori attribuiscono al talento degli orticoltori italiani del XV secolo
Lo consiglio? Nì.
Perchè se da una parte per gli appassionati è un testo fondamentale, dall’altra la barriera di ingresso è alta e richiede un po’ di dedizione.